di Laura Solieri
Il periodo che viviamo, caratterizzato da una forte incertezza, tra pandemia, eventi bellici e crisi economica, provoca, soprattutto tra i giovani e gli adolescenti, un senso di smarrimento e perdita di fiducia nel futuro, che spesso sfocia in condizioni di malessere psichico.
Sostenere il benessere psicologico delle nuove generazioni non è solo un diritto/dovere, ma anche il più importante investimento per il futuro. È su queste basi che si fonda il convegno “Ripartire dai giovani” a cura di Florim Salute&Formazione e Ospedale di Sassuolo che si terrà all’interno di Màt il 21 ottobre ore 18.30 presso Florim Gallery (via del Canaletto 24, Fiorano Modenese) con l’intento di offrire un’occasione di approfondimento e confronto internazionale sulle politiche per la salute mentale messe in campo per sostenere i giovani.
In questa occasione, verrà anche presentato il progetto “Figli in penombra” dedicato ai figli degli utenti dei Centri di salute mentale di Modena ed in particolare il neonato sito web “Figli in penombra. Mettiamoci in rete” nato dall’omonimo progetto del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Azienda USL di Modena, messo a punto e realizzato a partire dal 2019, grazie al finanziamento della Fondazione di Modena e con il supporto tecnico e finanziario del Ministero della Salute – Direzione Generale della prevenzione sanitaria.
La prevenzione del disagio nei figli di persone con disturbo psichico rappresenta un importante obiettivo di salute, soprattutto alla luce del fatto che i servizi della Psichiatria nel nostro Paese, ad oggi, sono strutturati in modo tale da non riconoscere adeguatamente alla persona per cui è in corso un trattamento, madre o padre che sia, anche il suo ruolo genitoriale. E i dati epidemiologici e la letteratura mostrano quanto l’intervento precoce riduca significativamente il rischio di malattia nella popolazione.
«Modena è tra le poche realtà italiane che affrontano questo tema in maniera strutturata attraverso questo progetto provinciale rivolto alla riduzione del rischio che minori con genitori con disagio psichico sviluppino a loro volta un disagio – spiega Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Modena – Un progetto di prevenzione di questo tipo, con metodologia scientifica validata a livello internazionale (si rifà al finlandese Family Program), a livello nazionale è più unico che raro, fatta eccezione per l’esperienza significativa portata avanti su questo tema da diversi anni dall’ospedale Niguarda di Milano».
Fuori dall’Italia la situazione è più confortante: ci sono diverse esperienze europee che non sono solo progetti ma veri e propri programmi, quello più significativo è in Finlandia ma anche i Paesi Bassi sono molto all’avanguardia; c’è poi l’Australia dove agli interventi in questo campo si aggiunge una massiccia attività di ricerca.
Nell’ultimo anno, tra il 2021 e 2022, sono stati 100 i figli seguiti all’interno del progetto modenese, dai 6 anni in su (età media 11 anni ma ci sono anche giovani adulti oltre i 20 anni) e 150 i genitori.
Con il Covid si è imposto il grande tema dell’utilizzo della rete e delle sue opportunità per continuare a fornire un supporto a queste fasce vulnerabili ed è qui che si inserisce la novità della creazione di un sito internet dedicato, per rispondere a due obiettivi precisi.
«Abbiamo prima di tutto voluto creare uno spazio con informazioni autorevoli, fondate sulla letteratura scientifica e prodotte da professionisti, con un linguaggio però più fruibile e senza tecnicismi – illustra la coordinatrice del progetto “Figli in penombra” Rosalba Di Biase, psicologa – Secondariamente, il sito intende fornire degli strumenti: abbiamo creato dei materiali psicoeducativi che le persone possono utilizzare in quelle che sono le difficoltà che incontrano normalmente nelle loro vita, una sorta di cassetta degli attrezzi a disposizione di tutti». Una sezione è dedicata a genitori e bambini e un’altra agli adolescenti ed è inoltre possibile utilizzare da parte dell’utente una web form per entrare direttamente in contatto con i professionisti dell’Ausl. «Dove non possiamo arrivare in ambulatorio facciamo in modo che le persone trovino degli strumenti che possono usare da sole – dice Di Biase ricordando che “Figli in penombra” mette in campo un intervento di tipo preventivo rivolgendosi a persone già in carico ai centri di salute mentale – Noi intercettiamo un target specifico, quello dei minori con uno o entrambi i genitori con disagio psichico. Il genitore, spesso, non ha le parole giuste per spiegare la propria condizione e il figlio non riesce a uscire da questa situazione di incomprensibilità. Capita spesso che questi ragazzi si sentano diversi e non riescano a gestire questa diversità: si chiudono e finiscono in una situazione di isolamento che può portare, all’estremo, anche a situazioni di bullismo a loro carico. Sul versante emotivo, prevale in loro il senso di colpa e noi lavoriamo molto sul superare la difficoltà che si crea tra il senso di colpa del ragazzo e il genitore che sente su di sé una fortissima inadeguatezza».
La prevenzione più si allarga, meglio è, per intercettare precocemente bambini e adolescenti prima che sviluppino un disturbo; in queste situazioni, purtroppo, si verifica spesso un disconoscimento sociale della loro difficoltà ed è per questo che parlarne anche nelle scuole sarebbe importantissimo.
«Durante il Covid abbiamo affiancato alla modalità ordinaria di erogazione dell’intervento anche quella online che è rimasta come modalità operativa, perché per tante persone è molto più semplice e sostenibile fare online che in presenza – conclude Di Biase – In tema di giovani e salute mentale, in generale, il dato epidemiologico ci dice che i giovani, oggi, stanno più male ma voglio sempre ricordare che si possono fare tante cose che li aiutano e, quando gliele si propone, vediamo che si mettono in azione e beneficiano di quello che gli si offre. Quando diamo voce a questi ragazzi e li aiutiamo, in primis ascoltandoli, diventano protagonisti del loro cambiamento».
Come Camilla, che porta la sua testimonianza in questo video dedicato al progetto.