di Fabrizio Starace
Direttore DSMDP, AUSL Modena
Quello che viviamo è un tempo in cui le “passioni tristi” rischiano di pervaderci. La parola “crisi” è ormai il denominatore comune di aggettivazioni molteplici: pandemica, bellica, energetica, climatica. Tragedie individuali e collettive che quotidianamente irrompono nella nostra vita, alimentando paure e sconforto. Erodendo il nostro capitale vitale, facendoci avvertire il futuro sempre più minaccioso, sottraendoci la speranza. È così che ciascuno si arrocca nella propria confort zone, cerca di difendere il proprio interesse particolare, inizia a nutrire diffidenza verso l’altro. Si accentuano in questo modo le disuguaglianze, o peggio, l’aporofobia, il disprezzo per chi sta indietro, l’ostilità per gli ultimi.
In salute mentale questi atteggiamenti traspaiono dalla scarsa attenzione ai servizi pubblici, dal progressivo impoverimento della rete territoriale, dalla concentrazione delle risorse sul versante ospedaliero dell’urgenza-emergenza. Sempre meno viene praticata l’integrazione tra politiche sanitarie e sociali – che chiamerebbe in causa le contraddizioni di un sistema di welfare inadeguato e sclerotizzato – sempre più è diffusa la medicalizzazione del disagio, causata da vincoli di bilancio più che da reali esigenze diagnostico-terapeutiche.
Senza cedere al sentimentalismo nostalgico del “paradiso perduto” della Riforma, crediamo sia necessario riprendere i valori fondanti che l’avevano ispirata, utilizzandoli come bussola per orientarci in un presente del quale percepiamo la perdita di senso. Innanzitutto riconoscendo i limiti fatali di un’identità unica che si pretende di estendere a tutti. Ascoltare i diretti interessati – titolari o meno di un passaporto psichiatrico per affrontare le avversità dell’esistenza – è la prima essenziale operazione di conoscenza, nella quale attingere ai libri non scritti dell’esperienza sofferente. Alimentare lo scambio all’interno dell’insieme interconnesso di cui facciamo parte è l’altra opzione strategica: per contrastare la tendenza all’isolamento, alla delega, al conflitto tra punti di vista. Se una nuova visione è necessaria, essa non può che nascere dalla passione del possibile, dagli occhi di chi è ancora in grado di vedere trame invisibili, da chi è capace di rêverie.
Con questi motivi nella mente ci avviciniamo agli eventi, anche quest’anno ricchi e diversificati, che costituiranno occasione di ascolto e di scambio nel corso della XII edizione di Màt. Nella speranza che anche quest’anno la meraviglia ci avvolga e lo stupore ci prepari a nuove scoperte.