Per te, ci sono anch’io: la figura dell’esperto in supporto tra pari nella salute mentale
di Laura Solieri
Nel quotidiano delle persone con disagio psichico, dei loro familiari, degli operatori che lavorano per la salute mentale di comunità, temi come l’inclusione sociale e la qualità delle relazioni, assumono un ruolo fondamentale nel determinare un migliore decorso della malattia.
Riuscire a condividere con altri utenti emozioni e stati d’animo per rassicurare e fare stare meglio una persona in una fase di difficoltà, è la funzione più importante dell’attività del supporto tra pari, attuato da chi ha vissuto un’esperienza di disagio ed è capace di metterla al servizio degli altri, sostenendo emotivamente altre persone, ascoltandole e stimolandole a prendersi cura della propria salute.
Il 20 ottobre ore 9 a Lo Spazio Nuovo a Modena si parlerà de “Il ruolo dell’Esperto in Supporto tra Pari (ESP) nella salute mentale: l’importanza della costruzione della rete tra servizi per lo sviluppo e il riconoscimento di questa nuova figura professionale” con diversi relatori, tra cui il direttore del Centro di Salute Mentale di Modena Donatella Marrama e Alessia Casoli, ESP e presidente dell’associazione Idee in circolo.
A Modena, si è fatto e si sta continuando a fare un importante percorso formativo su questi temi, promosso dal Dipartimento di Salute Mentale in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato e il Consorzio di Solidarietà Sociale, rivolto a utenti e familiari dei Servizi per la Salute Mentale e, in generale, ai cittadini interessati a formarsi per impegnarsi come ESP presso i servizi del territorio e/o come volontari presso le associazioni attive in questo ambito.
«Sono diventata ESP perché me l’hanno chiesto, uno psichiatra ha pensato che io avessi le capacità giuste e così ho fatto il corso di formazione nel quale abbiamo affrontato tanti aspetti, dal rapporto con le persone ovvero come relazionarsi con altri utenti a come funziona il Csm e tanto altro – spiega Casoli, che esperta del proprio vissuto di disagio psichico e di malattia, consapevole delle proprie dinamiche interne e quindi anche delle proprie risorse ha deciso di mettersi a disposizione degli altri – Parte del nostro lavoro è quello di aiutare le persone a reinserirsi nella società e sapersi rapportare con gli altri, anche se il termine “inserimento” non mi piace molto, perché in un certo senso tutti siamo inseriti nella società, è inevitabile, solo che alcuni lo sono in modo diverso, non dico necessariamente peggiore, ma c’è ancora un grosso problema di stigma».
Ci sono due tipologie di ESP: quelli caratteristici degli interventi di auto mutuo aiuto che nascono dal mondo dell’associazionismo e quelli inseriti all’interno dei servizi; in Emilia-Romagna, poi, esiste una rete regionale di utenti esperti della salute mentale che si incontrano periodicamente, si confrontano, seguono formazioni proposte anche dalla stessa Regione.
«A Modena siamo al secondo corso di formazione su questo tema, con un buon numero di adesioni – dice la dott.ssa Marrama – Nel nostro incontro del 20 ottobre, indagheremo il problema dello stigma, anche interno, della persona che ha un disturbo di salute mentale, e come questo è condizionato dall’idea della malattia mentale nella comunità. Cercherò di rappresentare come il ruolo dell’utente esperto risulti essenziale nel riuscire ad avvicinare persone con questo tipo di problematiche, sia all’esordio che in situazioni stabilizzate, per ridurre lo stigma, condizione che purtroppo genera spesso una rinuncia alle cure, all’accostarsi ai nostri servizi per timore di chissà quali iniziative di intervento».
Come sottolinea Marrama, la pratica dell’ESP porta benefici anche all’ESP stesso perché rinforza il suo percorso di recovery, conducendolo in un certo senso a una rinascita personale. Il ruolo di utente esperto, infatti, non può far altro che incrementare e rendere ancora più effettivo il processo di empowerment della persona. «Naturalmente – aggiunge Marrama – il confronto con la sofferenza dell’altro può avere delle ripercussioni e noi come medici dobbiamo dedicare sempre grande attenzione alla necessità di tenerci in rete con gli ESP. Per gli operatori dei servizi non è stato un passaggio semplice e immediato quello di arrivare a lavorare in rete ma devo dire che negli anni abbiamo assistito a un cambiamento importante, che ha regalato quel punto di vista che fa rimettere i piedi per terra e ragionare tenendo veramente conto di chi si ha davanti. Se guardiamo ai paesi più avanzati rispetto a quello che è l’inserimento degli ESP nei contesti sanitari e non solo, c’è ancora del lavoro da fare ma siamo fiduciosi. Pensiamo che ad esempio negli Stati Uniti l’attività dell’ESP rientra nel sistema assicurativo e la figura del peer supporter è operativa sia per quanto riguarda la salute mentale che le dipendenze».
Come fa notare Casoli, il tema principale rimane quello del lavoro: le persone con disagio psichico sono quelle che hanno meno possibilità di trovare lavoro e creare rapporti. «Mi piace la possibilità che ho di portare un cambiamento, anche nel rapporto con i servizi – conclude Alessia – Come ESP, la più grande soddisfazione è aver creato rapporti particolari con persone con situazioni difficili; come presidente di Idee in circolo, che è un’associazione di utenti, è quella di aver ottenuto opportunità di inserimento lavorativo per alcune persone che adesso collaborano con l’associazione. Per me era una cosa impensabile: ho sofferto per anni di autostigma, convincendomi che non sarei mai riuscita a fare qualcosa di bello: l’adesione all’associazione prima e la possibilità di diventare ESP poi, ha significato una riapertura totale al mondo, ho sentito per la prima volta che valevo qualcosa e da lì è arrivato tutto il resto».