di Laura Solieri
Sta cambiando la cultura verso le persone adulte con autismo e, in generale, oggi si parla di più di autismo, le famiglie hanno meno pudore a farlo e le persone sono più informate.
Nonostante un quadro normativo che tende a far scomparire queste persone, paradossalmente a non riconoscerle nella loro patologia al compimento della maggiore età, negli ultimi anni grazie al lavoro di sensibilizzazione di persone come il giornalista Gianluca Nicoletti, dei famigliari e dei professionisti, i progetti per la transizione tra i 18 e 30 anni e per l’autismo adulto stanno aumentando in Italia.
Di questo tema se ne parlerà il 23 ottobre a Modena (Sala Panini della Camera di Commercio, via Ganaceto 134, ore 9-13) al convegno “Autismo in età adulta: dall’analisi dei bisogni al dovere delle competenze”.
«La grande novità è che non solo c’è bisogno di competenza all’interno dei percorsi di sostegno finalizzati alle persone con autismo e disabilità intellettiva adulta ma che oggi questa competenza è possibile averla – esordisce lo psicologo Serafino Corti, direttore del Dipartimento delle Disabilità di Fondazione Sospiro – Fino a pochi anni fa, l’attenzione agli interventi riabilitativi era rivolta verso i bambini e l’area delle persone con autismo adulte era poco presidiata. Ora ci sono gli strumenti scientifici, procedure e trattamenti che possono essere applicati anche all’autismo adulto: li conosciamo e cerchiamo di promuoverli».
La letteratura scientifica internazionale aiuta a individuare questi interventi con un orientamento metodologico molto chiaro tra gli interventi di tipo cognitivo comportamentale di prima, seconda e terza generazione e quindi si tratta di promuovere nella cultura dei servizi per adulti percorsi formativi che permettono di acquisire specifiche competenze per offrile alle persone con autismo e ai loro famigliari.
Sono inoltre presenti diversi percorsi formativi che il Ministero della Salute sta promuovendo in questo ambito: «L’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con le Regioni sta portando avanti una serie di attività, molte delle quali dedicate agli adulti – spiega la ricercatrice Maria Luisa Scattoni, coordinatrice dell’Osservatorio Nazionale Autismo dell’Istituto Superiore di Sanità – L’Osservatorio che coordino riguarda le attività di carattere istituzionale legate al Fondo Autismo, fondo che il Governo ha stanziato dal 2016 per la messa a punto della legge 134 del 2015. Tra le attività legate alla formazione degli operatori sanitari porteremo avanti sia quelle che riguardano la diagnosi che l’intervento; gran parte dei fondi è destinata agli aggiornamenti formativi legati alle diagnosi, ad esempio delle concorrenze di carattere psicopatologico o psichiatrico, perché man mano che si avanza con l’età, questi giovani adulti sono soggetti ad avere altri disturbi associati e saperli diagnosticare non è semplice.
La premessa è che c’è una grande carenza di operatori e servizi dedicati alla fase della transizione e agli adulti, e anche per questo il Ministero della Salute ha deciso di destinare l’intero fondo del 2019 – 10 milioni di euro – proprio a questa fase».
Ma come cambiano i bisogni delle persone con autismo nell’età adulta? «Nell’età evolutiva lavoriamo per insegnare delle attività alle persone, affinché imparino cose sempre nuove – spiega Corti – In età adulta dobbiamo fare in modo che le attività acquisite vengano realizzate e quindi il percorso di sostegno è finalizzato alla costruzione di un progetto di vita, individuando percorsi, attività occupazionali ecc. che possano essere in sintonia con le aspettative della persona, per modificare il contesto affinchè crescano le opportunità di interazione e inclusione».
In Italia sono per fortuna numerose le esperienze di inclusione occupazionale come ad esempio, nel Modenese, quella de Il Tortellante, esperienze di qualità che dimostrano che non solo si può fare ma che se usassimo questa via sempre più frequentemente risolveremmo molti problemi.
«Sempre a livello di formazione mettiamo a punto corsi residenziali per rilevare comportamenti problematici e rispondere alle gravi emergenze comportamentali – prosegue Scattoni – Lavoriamo per la messa a punto di percorsi differenziati relativi al progetto di vita sulla base delle diverse necessità di supporto e del livello del funzionamento adattivo e del disturbo associati alla condizione di ogni persona. Questo porta alla definizione di percorsi ad hoc per la promozione delle autonomie, per l’inclusione lavorativa, per le soluzioni abitative oltre che a percorsi pensati per le Regioni a cui daremo fondi e linee di indirizzo per mettere a punto certe azioni».
Esistono poi degli indicatori di felicità che vengono utilizzati per queste finalità: il 23 ottobre a Modena si parlerà anche dell’importanza della misurazione, che porta a guardare ai comportamenti delle persone come indicatori di benessere e soddisfazione. «Se noi diciamo che l’obiettivo in età adulta è garantire la realizzazione personale dei progetti di vita delle persone con autismo dobbiamo riuscire a capire quando le persone sono soddisfatte e realizzate quindi imparare a misurare questi comportamenti spesso non manifestati attraverso la parola ma attraverso le attività motorie e gestuali – conclude Corti – Diventa così fondamentale insegnare a misurare: questa è una delle competenze fondamentali che dobbiamo trasmettere ai nostri operatori per poter fare la differenza, anche con riferimento all’età adulta».