di Laura Solieri
Non sempre i media approfondiscono adeguatamente le tematiche legate alla salute mentale e questo atteggiamento va ad alimentare pregiudizi dannosi nei confronti delle persone con problemi di salute mentale, oltre a dare un’informazione non veritiera.
«Il primo pensiero va a una Psichiatria che nel tempo ha fatto fatica a cambiare discorso, a cambiare lessico. Poi, la stampa continua ad essere molto superficiale nel trattare certi argomenti ma le responsabilità sono da entrambe le parti – esordisce lo psichiatra Peppe Dell’Acqua, già direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste – Certo, esistono delle colpe nel momento in cui i giornalisti non approfondiscono e si accontentano di non entrare nel merito dell’argomento. È così che dieci anni fa, a Trieste, abbiamo cominciato a riflettere all’interno di una grande assemblea, pensando che fosse arrivato il momento di dire ai giornalisti che bisognava iniziare ragionare a fondo su come si comunica in questo campo: è lì che abbiamo cominciato a parlarne e a capire che esistono anche delle colpe dei media. L’uso di termini ricorrenti nella cronaca come il ‘pazzo furioso’, il ‘raptus’, il suicidio dopo un abbandono…non va affatto bene. L’informazione in questo modo non è sopra le cose come dovrebbe essere e se si vuole aiutare le persone più fragili nel loro percorso di salute, bisogna fare una scelta di campo, che comprende anche e soprattutto le parole che usiamo».
Dell’Acqua interverrà, tra gli altri, a Modena il 25 ottobre al corso di formazione “Giornalismo e salute mentale. Come i mass media influenzano la percezione pubblica della sofferenza mentale” (ore 9-13 presso Sala Leonelli della Camera di Commercio di via Ganaceto 134), corso che intende offrire una riflessione sul ruolo della stampa nella lotta al pregiudizio e allo stigma verso chi soffre per problemi di salute mentale.
«In questa occasione verranno proposti strumenti e buone pratiche, a partire dal rilancio della Carta di Trieste, per migliorare la comunicazione delle notizie riguardanti la salute mentale – spiega Carlo Verna, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti – È evidente che nella questione dei soggetti con problemi di salute mentale occorre una maggiore accuratezza nel trattare le notizie, perché il rischio di turbare la sfera della personalità è più alto. C’è un problema di armonia della persona che non deve essere turbata quindi certe situazioni vanno raccontate con la massima cautela e credo che un primo punto di ispirazione importante sia la Carta di Trieste. In generale, per quanto attiene qualsiasi argomento che abbia una rilevanza sociale, la nostra funzione di giornalisti è informare e dare a tutti la consapevolezza di poter costruire la propria opinione su qualunque tema».
Le statistiche dimostrano che gli italiani hanno una percezione di alcuni fenomeni che è molto distante dalla realtà e nel caso della salute mentale questo può significare instillare atteggiamenti di minore o maggiore accoglienza, tolleranza, capacità di incontro… Se un comportamento associato ad esempio alla parola ‘schizofrenico’ viene definitivo come criminale è chiaro che quell’associazione diventerà designativa delle caratteristiche della schizofrenia. Allo stesso modo, è importante possedere regole e tecniche della comunicazione pubblica da parte dei professionisti della salute mentale che devono abituarsi a modalità, che seppur più sintetiche, non perdano mai di vista l’aspetto contenutistico del messaggio da trasmettere.
La stessa percezione, oggi, sempre più critica anche relativamente al rischio che corrono gli operatori sanitari soprattutto nell’ambito dell’emergenza-urgenza e questo fa passare un’idea di persone che si trovano in prima linea di fronte a utenti “scalmanati” che non accettano le regole.
«Se ci mettiamo in una prospettiva differente possiamo riflettere su quali rimedi noi stessi utilizziamo specie in condizioni di urgenza, quando i tempi sono sempre ristretti, e occorre decidere in fretta – fa notare Fabrizio Starace, direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’Ausl di Modena – Da qui, è possibile trarre un utile contributo a fare in modo che tali interventi non diventino una specie di palestra di arti marziali ma una palestra di arti comunicative umane, per insegnare alla persone come entrare in contatto con un altro da loro, che si trova in una situazione di crisi. Tutto questo va declinato alla luce delle regole che governano un certo sistema che dimostra una grossa vulnerabilità.
Crediamo che i mass media in generale possano avere grande impatto sull’idea e la percezione che le persone costruiscono della loro visione del mondo – prosegue Starace – In questo senso, ci piace rilanciare da Màt Modena la Carta di Trieste, sorta di codice deontologico messo a punto per guidare con informazione precise i giornalisti che non necessariamente possiedono tutte le conoscenze tecniche della materia e per fissare anche dei paletti rispetto all’uso forviante di certi termini e concetti».
E torniamo di nuovo al grande tema dell’uso delle parole, che possono essere tanto lenitive quanto lesive, se mal impiegate.
«Sulla formazione di chi fa informazione siamo molto rigorosi e questo incontro a Modena sarà in primis per me un’occasione per capire come sviluppare al meglio una serie di corsi di formazione per i colleghi giornalisti» conclude Carlo Verna.