di Laura Solieri
Trasformare in luogo di cura l’abitazione di comuni cittadini. Succede tramite lo IESA, l’inserimento eterofamiliare supportato, metodo di cura molto antico che affonda le sue radici nel Basso Medioevo e che pone al centro la pratica della deospedalizzazione intesa come superamento di qualsiasi tipo di istituzione sanitaria in favore di un luogo di quotidianità quale la civile abitazione.
«E’ un tipo di cura che si utilizza in quelle situazioni dove non è necessario un ricovero ospedaliero – spiega Gianfranco Aluffi, Direttore scientifico e Referente del Servizio IESA ASLTO3 – Centro Esperto Regione Piemonte che il 20 ottobre interverrà a Modena alle ore 14 (presso La Tenda, Viale Molza angolo Viale Monte Kosica) all’interno dell’appuntamento “Relazioni che curano oltre i confini – Lo IESA: Inserimento Eterofamiliare Supportato di Adulti” – In Psichiatria è un tipo di intervento auspicabile: sappiamo bene, infatti, che il ricovero non è così efficace ma serve solo in situazioni ristrette e limitate. Per il resto, la persona che necessità di cure in Psichiatria, beneficia molto di più di un ambiente di normalità già calato in quel contesto sociale all’interno del quale è importante che poi il soggetto vada a reintegrarsi e a ritrovare un suo ruolo».
Il contesto più prossimo che si è pensato di utilizzare è quindi rappresentato dalle case dei volontari cittadini intese come luoghi di cura. I volontari che accolgono vengono individuati attraverso mirate campagne di marketing sociale che consentono di reperire candidature di persone disposte ad ospitare a casa loro soggetti sofferenti.
Le persone individuate – che possono essere singoli, coppie con figli o senza figli, famiglie allargate ecc. – vengono poi debitamente formate per svolgere al meglio la loro accoglienza: «La parte formativa ha un taglio informativo e di lavoro sulle relazioni sociali, sul modo di rapportarsi con gli altri focalizzando l’attenzione sulla relazione, sugli aspetti emotivi e affettivi che possono nascere o manifestarsi in relazione con il soggetto temporaneamente debole quale è il paziente psichiatrico –
illustra il dr. Aluffi – Non esiste un profilo ideale di famiglia che accoglie così come non esiste un profilo ideale di paziente accolto. Nell’irripetibilità del fenomeno umano, a seconda delle situazioni che si manifestano, diventa ideale non tanto la risorsa ma l’abbinamento, la combinazione che si crea e sulla quale occorre concentrarsi e lavorare».
A Modena, lo IESA è stato fortemente voluto dall’associazione Rosa Bianca e oltre a questa realtà, aderiscono al progetto il Dipartimento di Salute Mentale dell’Ausl di Modena e i Servizi Sociali del Comune. «In 10 anni dal suo avvio, sono stati attuati 22 progetti, sia convivenze full time che part time, di cui una decina attualmente in corso e due appena conclusi» spiegano le psicologhe psicoterapeute Cecilia Giuliani e Valentina Carnevali. Tra le convivenze in corso, c’è la bellissima esperienza di Davide (nome di fantasia), un signore di 50 anni da tempo seguito sia dal Centro di Salute Mentale che dai Servizi Sociali che nel 2013 si è autocandidato per fare parte del progetto e ancora oggi vive con una famiglia modenese composta da due genitori e quattro figli. «Davide in questi anni, da quando è in famiglia, ha anche ripreso a studiare, si è diplomato e si è iscritto all’università, traguardi importanti che segnano positivamente il percorso di questa persona» sottolineano Giuliani e Carnevali.
A livello nazionale, invece, nonostante la spinta da più parti per arrivare a una legge nazionale, parliamo ancora di numeri bassi: in Italia, sono circa 200 le convivenze IESA attualmente in essere, a fronte dei 14mila progetti attivi nel Regno Unito dove lo IESA è nato dopo (lo IESA italiano ha circa 22 anni), 18mila progetti attivi in Francia e 4mila in Germania.
«Nel 2017 è stata presentata una proposta di legge dall’onorevole Umberto D’Ottavio specifica sullo IESA, purtroppo rimasta ferma – dice Aluffi – Stiamo cercando di riattivarla per favorire una diffusione della corretta pratica dello IESA perché spesso viene travisata e utilizzata per descrivere qualcosa che ha caratteristiche diverse dallo spirito che la anima e che mette al primo posto il soggetto».
«Quello della IESA, oltretutto, rappresenta un interessante esempio sanitario di contenimento dei costi – conclude Aluffi – Il soggetto ospitato, infatti, eroga mensilmente alla famiglia che lo ospita un rimborso spese direttamente; questo approccio consente di riconoscere piena soggettività e libertà di autodeterminazione del soggetto e ci porta inevitabilmente a fare dei confronti. Quanto costa inserire una persona in comunità dove se tutto va bene si cronicizza e non guarisce? In
alternativa, possiamo inserirne 3 all’interno di famiglie IESA moltiplicando le opportunità di cura nei confronti della popolazione e questo, a mio avviso, rientra a pieno titolo in valide politiche di economia sanitaria da applicare su tutto il territorio nazionale».
L’appuntamento del 20 ottobre sarà anche occasione per presentare a cura del dr. Aluffi “Dymphna’s Family”, l’edizione Italiana della rivista Europea sullo IESA di cui è direttore scientifico, consultabile qui .
Per saperne di più e candidarsi come volontari disponibili ad accogliere è possibile telefonare allo 059/2134050 – 059/2134056, dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle 19 e sabato dalle ore 8.30 alle 13: risponde il Centro di salute mentale di via Paul Harris 175 che raccoglierà le vostre richieste e un operatore IESA vi fornirà ulteriori informazioni oppure scrivere a iesa@ausl.mo.it