di Laura Solieri
La Legge Regionale 14/2015 ha ridisegnato i percorsi di inserimento lavorativo delle persone “fragili e vulnerabili” in Emilia–Romagna, nell’ottica di una piena integrazione socio–sanitaria.
Il tema verrà affrontato al convegno “Politiche del lavoro e Salute Mentale” del 25 ottobre 2018 (ore 9-13.30 presso Aula Magna Est, Dipartimento di Economia Marco Biagi – Viale Berengario 51, Modena) al quale parteciperanno tra gli altri Paola Cicognani, direttrice dell’Agenzia Regionale del Lavoro Regione Emilia-Romagna e Arturo Nora, presidente del Consorzio di Solidarietà Sociale di Modena (CSS).
Nei sette distretti della provincia di Modena, tutti gli attori coinvolti (pubbliche amministrazioni, servizi socio-sanitari, centri per l’impiego, CSS e cooperazione sociale coinvolta, ecc.) sono fortemente impegnati nel dare concretezza ed efficacia ai diversi dispositivi che in termini di welfare, la Regione Emilia-Romagna ha disegnato in risposta a quella significativa platea di persone che per varie ragioni sono in una condizione di fragilità e vulnerabilità.
«Il passaggio ad un nuovo paradigma di welfare, che ha in qualche modo ridefinito il raggio di azione delle autonomie locali, in un contesto sociale complesso come quello attuale – che nel contempo vede risorse calanti, sviluppo veloce di nuove tecnologie, richieste “prestazionali” elevate, fenomeno della precarietà e vulnerabilità estesa al cosiddetto “ceto medio”, impoverimento delle reti familiari e sociali, ecc. – è tutt’altro che semplice – spiega Arturo Nora – La volontà comune, è comunque quella di collaborare in modo responsabile e proattivo traducendo in risposte efficaci questi nuovi modelli.
L’elemento che può fare la differenza crediamo possa essere l’effettivo grado di coesione sociale che le nostre comunità intese come società civile e istituzioni nella loro accezione più ampia riusciranno a raggiungere per consentire inclusione, cittadinanza, diritti e lavoro anche alle fasce più deboli che ne fanno parte. Per fare questo serve l’apporto di tutti, in un’ottica di cosiddetto “welfare generativo”».
Posto che la premessa culturale da cui partire è che nessuno viene dopo, tanto meno chi è più fragile e/o stigmatizzato, in fase di progettazione di politiche del lavoro inclusive non si può prescindere dalla personalizzazione degli interventi, anche quando la cosiddetta “misura di politica attiva per il lavoro” è “standardizzata” e all’interno di un “catalogo” preordinato di interventi.
«Strumenti necessari in questo senso sono la conoscenza e sviluppo di un rapporto fiduciario, la ricerca di risorse differenziate da associare a competenze e talenti magari non immediatamente percepibili – dicono Cicognani e Nora – La rielaborazione e traduzione di propensioni e aspettative e infine l’accompagnamento delle persone in questo processo di emancipazione personale, sociale e lavorativa. Un combinato disposto di questi elementi, rappresenta un reale sostegno e viatico all’effettiva inclusione lavorativa e sociale di soggetti fragili e vulnerabili».
Il sistema di inserimento lavorativo delle persone con disagio mentale è un tema molto complicato perché incrocia da una parte le difficoltà delle persone ad avere continuità nella relazione con il lavoro e dall’altra le difficoltà ancora molto presenti delle persone a relazionarsi, in generale, con la malattia mentale.
«Occuparsi di inserimento lavorativo è un esercizio difficile – dice Cicognani – pur essendo la Regione Emilia-Romagna una regione con un tasso molto alto di ottemperenza da parte delle imprese nell’assumere i disabili: oltre il 90% delle imprese dell’Emilia-Romagna, infatti, assume i disabili delle proprie quote d’obbligo e tra queste le persone con disabilità psichica sono quelle più difficili da inserire. Tante persone vengono avviate al lavoro ma la permanenza con continuità sul lavoro ha una connotazione diversa rispetto ai numeri detti. La categoria del disagio mentale è molto ampia e non è possibile ragionare in modo astratto ma occorre sempre predisporre percorsi personalizzati – prosegue Cicognani – Da questo punto di vista la cooperazione sociale rappresenta una straordinaria sponda per l’inserimento lavorativo di queste persone perché offre un inserimento “protetto”, che avviene presso soggetti che hanno come mission anche quella di assumere persone con disabilità e con un’idea imprenditoriale che ha una visione precisa in questo senso».
Nel contesto locale, nel corso degli anni il CSS, in collaborazione con i Servizi socio-sanitari ha messo a punto modelli, procedure e buone prassi che hanno permesso di raggiungere importanti risultati nell’inserimento lavorativo di persone “fragili e vulnerabili”.
«Partendo dal titolo, “Le attività di supporto al lavoro nel Comune di Modena tra pubblico e privato sociale”, la volontà è quella di tracciare brevemente in questo appuntamento il bilancio di un’esperienza, che crediamo coerente con quel “ruolo e quella funzione pubblica” che la stessa Regione ci ha riconosciuto nel 2014 con la Legge 12 (Norme per la promozione e sviluppo della cooperazione sociale) nella gestione di servizi alla persona e dell’inserimento lavorativo delle persone più deboli delle nostre comunità – spiega Nora – Si tratta di una Legge dove la Regione si impegna a sostenere le imprese di carattere sociale, riconosciute come soggetti in grado di costruire coesione sociale e beni relazionali, in un ottica di sussidiarietà con le Pubbliche Amministrazioni. Ancora oggi, in relazione a nuovi modelli in campo – mi riferisco in particolare alla L. 14 – CSS prosegue nel solco di questa storia ormai ventennale, cercando di rispondere in modo qualificato ed efficace ai bisogni di inclusione socio-lavorativa della parte più debole delle nostre comunità».
Il Convegno, promosso da UNIMORE, dal DSMDP dell’AUSL di Modena, dal Comune di Modena e dall’Unione Comuni del Sorbara, con il Consorzio di Solidarietà Sociale, consentirà una riflessione sul primo anno di sperimentazione della L. 14 e un bilancio delle attività svolte nel triennio precedente: «Forti della nostra “vocazione” territoriale abbiamo gestito per diversi anni diversi servizi di inserimento lavorativo della Provincia tra cui il SIL del Comune di Modena, in collaborazione anche con l’USL Dipartimento Salute Mentale – conclude Nora – Questa attività rivolta di fatto ad una platea assolutamente eterogenea di persone fragili, vulnerabili, “svantaggiate” e/o con disabilità, inviate dai Servizi Sociali, dal CSM/Centro Salute Mentale (ivi compreso il Servizio Dipendenze Patologiche) e realizzata in stretta collaborazione e sinergia con i suddetti servizi, ha consentito di raggiungere risultati crediamo apprezzabili: nel periodo 2015-2017 sono state prese in carico con progetti di orientamento e inserimento lavorativo 1516 persone.
Di queste, 305 sono state inviate dal CSM (in piccola parte dal Ser.T). Di queste oltre 1500 persone, 707 erano iscritte al Collocamento Mirato L.68 (quindi con Invalidità Civile almeno del 46%). Nel triennio 2015-2017, sono stati promossi 603 Tirocini Formativi che hanno prodotto 241 assunzioni, di cui 152 in aziende del libero mercato e 89 in cooperative sociali. Lo stesso dato delle assunzioni conseguenti a progetti di tirocinio formativo, riferito solo a persone inviate dal Servizio di Salute Mentale, risulta nel medesimo triennio pari a 69 assunzioni, di cui 31 in aziende e 38 in cooperative sociali. Con le difficoltà legate al necessario adattamento ad un nuovo modello e con il conseguente “rodaggio” da scontare, confidiamo di poter ripetere e magari migliorare questi dati anche nell’ambito della gestione della L. 14».