“Per non essere semplici amministratori dell’esistente,
dobbiamo diventare degli utopisti”
F. Basaglia
Nell’anno in cui celebriamo i 40 anni della Riforma che ha cambiato radicalmente il volto dell’assistenza psichiatrica in Italia, ci siamo chiesti se siamo stati davvero coerenti con la sua “utopia” o se eravamo diventati “semplici amministratori dell’esistente”. Ci è sembrato allora che l’esperienza di Màt, la Settimana della Salute Mentale di Modena, giunta quest’anno alla ottava edizione, rappresenti bene l’esempio di un cambiamento possibile dei luoghi e dei modi per praticare salute mentale di comunità.
L’innovazione riguarda innanzitutto il processo che porta annualmente alla sua realizzazione: la costruzione partecipata stimola l’empowerment organizzativo e promuove processi di integrazione tra i servizi pubblici e i soggetti del territorio interessati al tema della salute mentale, nei suoi aspetti scientifici, politico-sociali, artistici e culturali. Un lungo periodo di confronti e assemblee pubbliche orientate all’emersione di bisogni e proposte dà corpo al progetto della “Settimana lunga un anno”. Questa non si esaurisce nella seconda metà di ottobre: la consapevolezza condivisa e consolidata della presenza di un momento annuale per esporre pubblicamente il proprio lavoro fa sì che, durante tutto il corso dell’anno, nei centri di salute mentale, nelle residenze, nelle associazioni, si svolgano attività che, molti mesi prima dell’evento, finalizzano segmenti dell’agire quotidiano alla produzione di momenti pubblici, visibili e aperti alla cittadinanza. Si proiettano verso “il fuori” attività e progetti che si svolgono nei servizi di salute mentale: contesti solitamente silenziosi si aprono al moltiplicarsi di discussioni e confronti, anche informali, su temi “scottanti” come le contenzioni, i farmaci, le politiche sociali, il “dopo di noi”. A loro volta, entrano nei servizi persone e associazioni, che esprimono direttamente aspettative e domande della comunità, spesso in largo anticipo rispetto al loro recepimento sotto forma di indicazioni normative. Essi portano con sé quel desiderio di trasformazione, quella capacità di mobilitazione che solo chi è direttamente coinvolto sa esprimere come contaminazione positiva e motivante, piuttosto che come sterile rivendicazione, in contesti istituzionali generalmente resistenti al cambiamento.
In questa prospettiva, Màt rientra a pieno titolo tra gli strumenti per la promozione della salute mentale. Intervenire sulle rappresentazioni negative e stigmatizzanti della malattia mentale e delle persone che ne soffrono, produce infatti ricadute positive e dirette sul livello di inclusione sociale degli utenti in carico al servizio. La malattia mentale, di fronte agli utenti e ai familiari che si organizzano per promuovere eventi culturali e di sensibilizzazione, smette di essere un tabù per la comunità: il disagio diviene piuttosto una condizione attraversabile, “che può colpire tutti”, dalla quale si può uscire grazie alle risorse tecnico-professionali e solidaristiche presenti sul territorio.
La grande attenzione dedicata alla Settimana dalle varie articolazioni degli Enti Locali ha fatto sì che molte iniziative negli anni abbiano assunto la veste di vere e proprie “arene pubbliche”, nelle quali temi come la casa, il lavoro, la sicurezza, il reddito, la lotta alle mafie e la trasparenza delle scelte pubbliche vengono discusse attraverso la viva voce dei cittadini coinvolti.
Il processo di cambiamento si sostanzia in questo: la grande mobilitazione di cittadinanza attiva sul territorio e l’attenzione che le istituzioni hanno mostrato nei confronti di questa capacità di organizzazione. Hanno cosi trovato voce quelle figure che, nell’ottica della “vecchia psichiatria” sarebbero state ridotte al silenzio e all’impotenza, oggettivate da un approccio diagnostico-sintomatologico che evoca una risposta contenitivo-farmacologica; oggi, invece, la loro presenza, le loro storie, permettono ai servizi pubblici di considerare le condizioni di vita nei territori attraverso la lente della salute mentale, che non resta più confinata a problema di pochi, incomprensibili soggetti devianti, ma diviene diritto e strumento di lettura delle molte contraddizioni della nostra società.
Se è vero che “non c’è salute senza salute mentale“, allora intervenire sulla coscienza condivisa a proposito del malessere psichico, ibridando i saperi della comunità e dei tecnici, incide direttamente sulla qualità della vita della popolazione; incide, cioè, sulla capacità che la stessa popolazione possa riconoscere i conflitti e le contraddizioni, che operano quotidianamente nella propria esperienza, come oggetti modificabili, “trattabili”, di cui prendersi collettivamente cura. La Settimana opera così come un laboratorio concreto di quei principi di democrazia che, unici, possono sostenere i nostri sistemi di welfare: sistemi capaci di superare impostazioni tradizionalmente (e sempre più insostenibilmente) assistenzialistiche e di implementare forme di partecipazione orientate alla promozione attiva del benessere collettivo.
Fabrizio Starace, Direttore DSMDP, Ausl Modena