di Radio Liberamente
“Per molti potrebbe essere un tema sconosciuto, citiamo un brevissimo abstract dell’articolo di Luca Negrono uscito sul tema, nell’ultimo numero di “Fuori come va?”, la nostra rubrica sulla gazzetta di Modena.
“La contenzione meccanica viene eseguita con cinghie, fascette, spondine e bracciali di immobilizzazione. Fornire una rappresentazione della diffusione del fenomeno nei contesti di “presa in carico” assistenziale, sociale o sanitaria è impossibile: non esiste alcun programma scientifico rivolto alla sua rilevazione sul territorio nazionale.
L’abitudine alla contenzione vive in molti contesti: oltre ai servizi psichiatrici (ove peraltro si interviene per ridurla), la pratica può interessare ambiti genericamente restrittivi come i reparti carcerari, i centri di identificazione ed espulsione, i centri d’accoglienza per i richiedenti asilo, le strutture protette per minori, le case-famiglia per madri sole, gli ospedali psichiatrici giudiziari, le case di riposo per anziani, le strutture protette per i senza fissa dimora, le residenze socioassistenziali e sanitarie a trattamento prolungato e molteplici altri reparti ospedalieri.”
Tornando a ieri, il nostro direttore Fabrizio Starace ha spiegato ciò che ha spinto all’organizzazione di un pomeriggio di confronto su queste pratiche: le garanzie dei diritti cui devono avere certezza tutti i cittadini.
Giandomenico Dodaro, giurista, ha posto particolare attenzione sulle forme di contenzione meccanica, che più sollevano riserve dal punto di vista etico e giuridico: il consiglio nazionale per la bioetica afferma che non ci sono scusanti per la violazione dell’autonomia della persona: l’uso della forza e la contenzione rappresentano in sé una violazione dei diritti fondamentali della persona. Se ne deduce un chiaro collegamento fra il diritto all’autonomia della persona e il diritto a ricevere cure appropriate. Per meglio dire, il diritto all’autonomia diventa il volano di un intervento terapeutico valido ed efficace.
Molto forte anche l’intervento di Giovanna del Giudice, psichiatra, che inizia citando casi di morte come quello del Prof. Matrogiovanni, morto dopo 48 ore di contenzione. “Si è usciti dai recinti degli specialisti e le morti di questi uomini sono diventati di dominio pubblico, se ne è parlato. Ed ha evidenziato quanto restituire alla cittadinanza un potere di interlocuzione su questi temi sia fondamentale: si cambia quando il cambiamento è richiesto dalla comunità.” “A me piace parlare di legare l’altro, per non nascondere la sopraffazione: cosa sono uomo/donna legati se non la riduzione a corpo domato con espropriazione di soggettività all’altro?” continua “Dobbiamo liberarci dalla contenzione per liberarci noi, perché la contenzione rende anche noi persone che non hanno valore, rende inefficace il nostro essere terapeutici. Dobbiamo uscirne sia per liberarci che per liberare.”
Luca Negrogno, sociologo, ci riporta sulla dimensione sociale che hanno atti come la contenzione, in quanto ha svolto attività di ricerca in salute mentale, collaborando in modo particolare con l’associazionismo di utenti e familiari. Luca evidenzia che non esiste un programma scientifico nazionale dedicato alla rilevazione del fenomeno e dunque è difficile capirne l’entità. Ma è necessario tenere presente che la struttura dell’offerta di un servizio in un territorio va a determinare le modalità con cui si manifesteranno le storie di malattia: la struttura dei servizi determina il modo in cui si manifestano i bisogni dei cittadini. Come dall’altro lato, i fattori che incidono sulla possibilità di finire contenuti sono relativi a questioni di ordine sociale ed economico, la scarsa contrattualità delle persone, forme pregresse di marginalità.
Vito D’Anza, psichatra, portavoce del forum Salute Mentale, ci riporta alla metodologia di lavoro dei servizi: servizi aperti più ore, più vicini alla persona, più disponibili ed accoglienti abbassano notevolmente le probabilità che una persona arrivi al servizio stravolta. Centri di salute mentale e diagnosi cura devono lavorare in stretta sinergia per prevenire situazioni difficili.
Ciò che è rimasto a noi di Radio Liberamente?
Bè come solito continueremo a dar voce anche a storie difficili, perché conoscere per nome chi queste esperienze le ha vissute, cambia molte prospettive. Il fatto che in situazioni del tutto eccezionali i sanitari possano ricorrere a giustificazioni per applicare la contenzione non toglie forza alla regola della non- contenzione e non modifica i fondamenti del discorso etico.
(Modena, 23 Ottobre 2015)